Ospite ieri nel podcast “System Update” di Glenn Greenwald, Tucker Carlson ha espresso la sua forte frustrazione verso l’establishment americano, accusando i leader politici del suo paese di sottomettersi a umiliazioni pur di soddisfare interessi stranieri, con particolare riferimento a Israele e al suo premier Benjamin Netanyahu.
Carlson ha difeso le sue posizioni contro il supporto indiscriminato a Israele, definendo la guerra in corso come un’”espansione” e accusando i suoi critici di rispondere solo con insulti personali (“Sei un bigotto!”) senza argomentare nel merito. Le critiche a Israele vengono spesso etichettate come antisemitismo, “ma io non mi lascio intimidire da queste accuse”, ha detto.
In particolare, Carlson ha affermato che Benjamin Netanyahu va in giro per il Medio Oriente vantandosi apertamente di controllare gli Stati Uniti e Donald Trump e ha descritto questa situazione come “umiliante” per gli americani:
“Bibi va in giro — e questo è un fatto, non me lo sto inventando, perché ho parlato con persone a cui l’ha detto — sta girando per il Medio Oriente, nella sua regione e nel suo paese, dicendo esplicitamente: ‘Io controllo gli Stati Uniti. Io controllo Donald Trump’. Lo dice veramente, di nuovo, non mi invento nulla, è un dato di fatto. Li sfido a dire che non è vero, perché lo è. Lo sanno che è vero. Io sono un americano. Come pensi che mi faccia sentire questa cosa, anche se non avessi votato per Trump (cosa che ho fatto, ho fatto campagna per Trump), ma anche se fossi Joe Biden? Sono un americano, non puoi trattarmi così, è troppo umiliante. Non riesco ad accettare una cosa del genere, e non dovrei essere costretto a subirla.”
Carlson ha poi chiarito che la sua critica è verso i leader USA, non solo verso Israele, e ha descritto l’intera dinamica come un “rituale di umiliazione”:
“Sto attaccando i miei leader che permettono alla mia nazione di 350 milioni di cittadini di essere costretta a fare cose che sono cattive per me e per i miei figli a causa di un altro paese. È una violazione dell’accordo più basilare che abbiamo con i nostri leader, ossia di rappresentarci almeno la maggior parte del tempo e non lo stanno facendo. C’è un rituale di umiliazione in corso, progettato per renderci tutti pazzi, progettato per trasformarci in odiatori, ma io non darò loro la soddisfazione di diventare ciò che mi chiamano. Non sono un odiatore, e non lo diventerò mai. Ma non accetterò mai questo. Non dovrei essere costretto ad accettarlo. Non ho nulla di cui vergognarmi.”











